La chat in cui volevano bruciare una 13enne e il suicidio su TikTok: i segnali che i genitori non possono ignorare
"I social fanno male, fanno tanto male perché sono stati resi un posto brutto. Per ogni singola cosa che tu faccia vieni sempre giudicato e preso in giro. Perché? Perché abbiamo questo bisogno irrefrenabile di insultare e di sminuire gli altri quando potremmo semplicemente aiutarli" è lo sfogo di Davide Garufi, tiktoker 21enne di Sesto San Giovanni, in un video postato pochi giorni prima di suicidarsi. Davide aveva scelto proprio il social cinese per raccontare il percorso alla scoperta della propria identità di genere. Si è tolto la vita lo scorso 19 marzo con un colpo di arma da fuoco. E se non sapremo mai quanto l'odio online abbia contribuito a spezzare la sua giovane vita, sappiamo che la piaga del cyberbullismo è ormai sempre più presente nella vita dei nostri adolescenti.
Quasi un ragazzo su due vittima di cyberbullismo
"Bruciamola. Ha gusti orribili. Meglio vederla dissanguata". Sembra un dialogo da film dell'orrore. È la chat condivisa, da un gruppo di adolescenti, contro una 13enne di Modena in un'app che permette di scambiarsi messaggi in anonimato. La sua colpa? Quella di vestirsi e ascoltare musica "diversa". Provvidenziale, nel suo caso, l'intervento dei genitori che, nel suo crescente isolamento, avevano colto il segno di qualcosa che non andava. Ma non sempre le cose sono così semplici.
Sono oltre 1 milione gli studenti tra i 15 e i 19 anni (il 47%) che, nel corso del 2024, hanno subito episodi di cyberbullismo. Lo testimoniano i dati di ESPAD®Italia 2024, una ricerca coordinata dal laboratorio di epidemiologia dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc). Un numero in continua crescita, che racchiude una grande varietà di comportamenti: dall'invio di minacce dirette a insulti pubblici sui social, dall'esclusione di gruppi on-line alla diffusione on-line di contenuti personali con l'obiettivo di umiliare la vittima.
Social e bullismo: un legame inscindibile
Il fenomeno del cyberbullismo nasce con i social e con la crescente importanza del digitale nelle nostre vite. Nel 2012 Facebook era ancora un social network giovane e in piena espansione. Era visto ancora come un puro strumento ludico: la morte di Amanda Todd, 15enne di Vancouver, costituì la prima grande sveglia collettiva. Si scoprì che questi strumenti, pensati per avvicinare le persone e abbattere le distanze, potevano essere anche molto pericolosi. Amanda si suicidò dopo essere stata a lungo bullizzata e perseguitata sul social, con minacce ripetute e la diffusione, senza consenso, di sue immagini intime. Prima del tragico gesto ebbe la forza di pubblicare una video-denuncia su Youtube, in cui denunciava come il bullismo online avesse esasperato il suo autolesionismo e le sue ideazioni suicidarie. Il filmato diventò virale e fece aprire gli occhi al mondo su una piaga diffusa ovunque.
Il dramma toccò, appena l'anno dopo, anche il nostro Paese. A togliersi la vita fu Carolina Picchio, una ragazza di appena 14 anni di Novara. Anche Carolina era esasperata dalle offese ricevute sui social network e da un video di molestie sessuali, realizzato e diffuso contro la sua volontà, che diventò virale. "Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno" scriverà nel suo messaggio d'addio, riuscendo a denunciare i suoi carnefici.
La sua vicenda fece accendere i riflettori su un fenomeno che, seppur senza conseguenze così tragiche, per molti adolescenti è oggi semplice quotidianità.
Così il digitale diminuisce l'empatia e favorisce i comportamenti violenti
"Il bullismo e il cyberbullismo non verranno debellati, è un modo di sperimentare una relazione che è tipico dell’adolescenza purtroppo. Quello che è cambiato è l’avvento del digitale che non ci permette di visualizzare le conseguenze delle nostre azioni" osserva Gregorio Ceccone, pedagogista ed esperto di educazione digitale.
"Sette ragazzi su 10 vittime di traumi digitali"
Si sceglie l'interazione tramite uno schermo perché è più facile, ma a venir meno è spesso l'empatia che, per essere sviluppata, ha bisogno anche di una presenza fisica: "Il digitale fa saltare tutto il linguaggio emozionale non verbale o paraverbale, che è fondamentale in una crescita emotiva. La mancanza di empatia nel mondo reale è spesso proporzionale al tempo passato davanti allo schermo. Spesso alla radice del bullismo troviamo mancate competenze emotive" osserva Gregorio Ceccone che, con l'associazione Social Warning, si batte da anni per l'introduzione di una corretta educazione al digitale in tutte le scuole.
E spesso può capitare anche di scoprire che a commettere atti di bullismo siano i propri figli. Sono oltre 800.000 gli studenti tra 15 e 19 anni che sono stati protagonisti di atti di cyberbullismo nel 2024, una percentuale pari al 32% del totale. Ad agire sono più i ragazzi (35%) rispetto alle ragazze (29%), ma la percentuale è comunque in crescita per entrambi i sessi.
Un trend innescato dalle nuove dinamiche digitali, ma anche dal mondo circostante: "Per farsi notare dagli altri sui social bisogna farla sempre più grossa, superare i limiti, commettere qualcosa che sia sempre più evidente o impattante - spiega Gregorio Ceccone, che aggiunge - esiste però anche l'esempio del mondo adulto, se vedono una realtà popolata da 'bulli' perché i ragazzi dovrebbero comportarsi in modo diverso?". E dalla politica ai cantanti, fino agli influencer gli esempi non mancano.
Quello che sembra urgente è però cominciare a pianificare una vera e propria educazione socio-affettiva nelle scuole e imparare a riconoscere i segnali che possono inviarci bambini e adolescenti.
I segnali a cui prestare occhio
Il primo segnale da considerare è senza dubbio l'isolamento. "Bisogna prestare attenzione alle scuse inventate per evitare scuola, palestra o ambienti che si frequentavano volentieri. Il punto è che per individuare questi segnali bisogna essere in relazione con i ragazzi e investire del tempo nel rapporto" osserva Gregorio Ceccone. Altri segnali a cui prestare attenzione sono poi l'aumentare degli stati di ansia, i disturbi del sonno e l'irritabilità, che possono però essere tipici anche dell'adolescenza e non per forza riferiti a episodi di bullismo.
Per i più piccoli invece anche il controllo può essere doveroso. "Bisogna ricordare che fino ai 14 anni abbiamo il dovere di tipo legale di monitorare quello che i nostri figli fanno on-line, quindi dobbiamo avere accesso alle password e ai dati biometrici. Anche questa operazione va fatta a monte, va ricordato che il telefono è 'nostro' e non 'suo'. La presenza del genitore che controlla il telefono può essere percepita negativamente, ma può essere anche confortante" ricorda Gregorio Ceccone, che ricorda: "La prima cosa è però sempre il dialogo. Se pensiamo che nostro figlio sia vittima di cyberbullismo bisogna parlarne con un insegnante o magari con uno specialista".
Difendere i propri ragazzi: i consigli per i genitori
Tutte le scuole italiane hanno infatti oggi un referente per il bullismo e il cyberbullismo. E spesso queste dinamiche possono essere superate attraverso un lavoro di squadra tra genitori, insegnanti e studenti.
Uccidersi a 15 anni: il bullismo non si può estirpare, ma si può fare molto di più
Restando nel tema della prevenzione, l'associazione "Social Warning" ha stilato un vero e proprio vademecum per i genitori che vi riportiamo sotto:
- Impostare la privacy insieme ai figli, limitando l’accesso ai profili solo a persone fidate.
- Insegnare a bloccare e segnalare utenti e contenuti problematici per una navigazione più sicura.
- Definire regole chiare per l’uso dei dispositivi, coinvolgendo i ragazzi nel processo decisionale.
- Mostrare interesse per il loro mondo digitale, favorendo un dialogo aperto e senza atteggiamenti invadenti.
- Parlare di affettività e rispetto, affrontando temi delicati come il consenso e la condivisione responsabile dei contenuti.
- Un impegno collettivo per un futuro digitale più sicuro
Ma, mentre siamo in ritardo di fronte al dilagare del cyberbullismo, comincia ad affermarsi anche un nuovo fenomeno: l'ascesa dei nuovi chatbot basati sull'intelligenza artificiale. "Sono sempre più diffusi tra gli adolescenti e vengono visti come 'compagni sempre presenti'; in realtà sono solo modelli statistici, ma per fare capire questo c'è bisogno di una vera e propria educazione al digitale" osserva Gregorio Ceccone. La sensazione è insomma quella di trovarsi di fronte a una nuova rivoluzione: la sfida vera sarà non farsi trovare impreparati.